
02 Giu Asset Allocation: costruire un portafoglio d’investimento
Asset allocation
L’Asset Allocation è il processo attraverso il quale si realizza una strategia d’investimento, e l’implementazione pratica delle scelte effettuate. L’obiettivo è quello di individuare il miglior mix tra rischio e rendimento, risultato che si ottiene modificando la percentuale di ciascuna componente del portafoglio in funzione della tolleranza al rischio dell’investitore, degli obiettivi di rendimento e dell’orizzonte temporale.
Le varie componenti del portafoglio si raggruppano per tipologie omogenee e vanno a formare quelle che si chiamano asset class (azioni, obbligazioni, liquidità, immobili, oro, commodities): ciascuna asset class è caratterizzata da un diverso profilo di rischio/rendimento e da una specifica relazione storica con le altre asset class, di cui si tiene conto in fase di costruzione del portafoglio.
I principali step che vengono seguiti sono:
- Ipotesi di base (input assumptions)
- Frontiera efficiente
- Implementazione del portafoglio
- Periodicità degli aggiustamenti (ribilanciamento)
Ipotesi di base
Si tratta di definire i valori di partenza che riguardano rendimento, rischio e covarianza (relazione tra i rendimenti delle diverse variabili). E’ una fase che viene normalmente presentata come parte di un processo esatto, ma la realtà è più sfumata. E’ vero che c’è della matematica coinvolta, ed è questa che tende ad avvolgere i passaggi in un alone di scientificità: ma la realtà è che ci sono diverse modalità di considerare le variabili di partenza, fra le altre:
- stimare rendimento, rischio e covarianza storiche, e assumere che la storia si ripeta
- stimare i rendimenti attesi sulla base del risk premium (i Building Blocks di Ibbotson)
- utilizzare il modello di Black-Litterman (che cerca di superare i due principali difetti della frontiera efficiente, ovvero scarsa diversificazione e eccessiva sensitività a minime variazioni degli input di partenza)
Frontiera efficiente
Per frontiera efficiente si intende l’insieme di portafogli caratterizzati dalla minima varianza (volatilità) per un dato livello di rendimento atteso. Se prendiamo come base di partenza gli ultimi 20 anni, consideriamo varie asset class (azioni Usa, azioni non Usa, Titoli di Stato, Oro, Immobiliare…) e facciamo i calcoli, otteniamo un quadro d’insieme di quello che è successo ad ogni variabile e la relazione che lega i movimenti di ciascuna di esse a tutte le altre:
Può sembrare scientifico -e lo è- ma non vuol dire che sia utile: questo ragionamento assume infatti che i rendimenti futuri saranno vicini a quelli storici (grossi dubbi, soprattutto nel breve/medio termine) e che le correlazioni siano stabili (idem), e trascura il fatto che la volatilità tende ad avere un andamento ciclico e per la parte obbligazionaria i rendimenti attuali siano più utili ai nostri fini di quelli storici. Ma facciamo finta di non avere fatto queste osservazioni -come fa mezzo mondo finanziario…- e costruiamo la frontiera efficiente:
A seconda del livello di rischio desiderato, si deduce facilmente la percentuale da assegnare ad ogni asset class.
Per l’implementazione del portafoglio ha senso utilizzare solo ETF e non risparmio gestito, come vedremo in un altro momento.
In merito al ribilanciamento, nel momento in cui ci si fermi a questo livello di analisi, si possono scegliere periodicità lente (trimestrale, semestrale o annuale), a differenza di quello che è opportuno fare nel caso di approcci diversi e maggiormente dinamici -come vedremo nel caso dell’asset allocation adattiva.
continua…