Fare previsioni è sempre impossibile? - Studio Rocchi Ghilardi Nuti
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Fare previsioni è sempre impossibile?

Possesso azionario e rendimenti futuri

Fare previsioni è sempre impossibile?

Sicuramente è sconsigliabile: se anche a volta capita di azzeccare, la media nel tempo tenderà verso il consueto 50% di probabilità, tipiche del lancio della monetina.
Tuttavia alcune previsioni hanno maggior probabilità di successo di altre: perché si basano su orizzonti temporali idonei, ad esempio; oppure perchè utilizzano dati di input che si fondano sul comportamento umano, che per sua stessa natura è ripetitivo se si ripresentano a distanza di tempo le medesime circostanze che in un dato momento hanno portato ad un certo risultato.

Nel caso dei mercati azionari, gli indicatori più utilizzati considerano i dati economico/finanziari delle aziende quotate: utili, patrimonio netto, cash flow, dividendi. Va detto che mostrano una certa persistenza nel tempo: ovvero, a situazioni di Borse “care” seguono spesso periodi di performance deludenti; e viceversa. Questi modelli porgono però il fianco a critiche che rivolgono l’attenzione a quanto il tempo -gli anni e i decenni- determini modifiche nei principi contabili, nell’utilizzo di dati pro-forma e in generale nella rappresentazione delle informazioni economiche stesse: queste modifiche fanno sì che il confronto con i periodi passati (quando il mercato era “così caro”, in seguito è successo…) non sia più un confronto tra mele e mele, ma tra frutti un po’ differenti.

Esistono però modelli che non utilizzano dati aziendali, ma fattori più o meno esogeni. Uno di questi modelli applica una logica estremamente semplice: perché un gruppo di titoli (un indice di borsa) aumenti di prezzo, ci deve essere qualcuno che li compri. E quando quasi tutti li hanno già comprati, chi rimane per fare sì che il prezzo possa salire ancora? Che in fondo, altro non è che la semplice applicazione della legge della domanda e dell’offerta.

Fortuna vuole che nel caso della Borsa Usa -che tutto si può dire eccetto che sia marginale nel panorama dei mercati finanziari mondiali- ci venga in aiuto la Fed (Banca Centrale) con una serie di informazioni molto utili.
Sulla base di questi dati, possiamo costruire uno storico di quale fosse la composizione % dei portafogli dei cittadini Usa negli ultimi decenni. Avendo poi a disposizione i dati dello S&P500 -l’indice più utilizzato per la Borsa americana- possiamo costruire un grafico nel quale mettere a confronto le performance ottenute negli anni seguenti, in corrispondenza dei vari livelli di possesso azionario delle famiglie.

Possesso azionario e rendimenti futuri

I dati impressionano per correlazione: a periodi di alto peso delle azioni nei portafogli, sono sempre seguite performance borsistiche scarse e deludenti: viceversa, i periodi in cui le azioni scarseggiavano nei portafogli sono stati seguiti da ottimi risultati.

Dove ci collochiamo oggi? Non in una situazione favorevole.
Livelli di possesso azionario così elevati sono stati raggiunti solo a fine anni ’60 e a fine anni ’90: in entrambe i casi, le performance del decennio successivo sono state parecchio deludenti.
Vendere, duqnue? non necessariamente. Sicuramente però una indicazione del fatto che nei prossimi anni potrà essere intelligente e premiante un approccio dinamico, volto a contenere i rischi: per fare i cassettisti, meglio aspettare prezzi più bassi.